Stili di vita nomade.
Abitare nella libertà di spostare il centro del mondo.

Meglio avere radici o avere stili di vita nomade?
La casa e il rapporto che abbiamo con essa rispecchia da sempre il nostro modo di stare al mondo.

Soprattutto in Italia la casa è una tradizione e un dono che si tramanda all’interno della famiglia o conquista di un impegno di lunga data ed è simbolo di legame e costruzione: si sceglie e si organizza in funzione degli intrecci (relazioni e attività) che si muovono nella nostra quotidianità.

Se fino a poco tempo fa l’immagine culturale vincente era quella del costruire radici, oggi è in corso una contronarrazione che sottolinea i vantaggi del nomadismo digitale, in cui si prospetta una vita priva di confini, fatta di esplorazione di opportunità, di assenza di attaccamento agli oggetti e ai luoghi, in una società liquida creata dalla digitalizzazione del lavoro, in particolare dallo sviluppo delle attività in smartworking.

Sperimentare la vita da nomade digitale

Brian Chesky, ceo e fondatore di Airbnb, oltre ad aver annunciato che vivrà viaggiando tra gli appartamenti presenti sulla sua piattaforma, ha lanciato l’iniziativa Casa a 1 euro per sperimentare la vita da nomade digitale e ha annunciato che ci sono 300 mila persone che hanno presentato domanda.

Al di là delle campagne di promozione di chi ha creato una piattaforma che ha concretamente già rivoluzionato il turismo, ci sono persone che questo stile di vita nomade lo sperimentano da sempre e ne conoscono anche i limiti.

Mobile e nomade come concetti, non solo come geografia

Laurence Humier è una designer che ha declinato la sua creatività in maniera mobile e nomade non solo geograficamente ma anche concettualmente.

Sperimentatrice per vocazione ha creato giochi per bambini e per il business, un prototipo di sedia che è transitata sia a casa Ferragnez sia in musei e gallerie d’arte, ha ideato oggetti iconici come la borsa salvagente.

Oggi sta facendo la sua esperienza all’Apple Accademy di Napoli per re-inventarsi nel computing design.
Dopo aver girato tutta Italia, ha creato una base a Venezia, dove ha ristrutturato un piccolo appartamento che affitta ad altri nomadi o a turisti, e ha scelto come suo temporaneo luogo di elezione Ischia.

Essere nomade digitale a vita: si o no?

Prima ci mettevo tre ore ad andare e tre a tornare a Napoli, poi la Dad mi ha facilitato la vita. Mi sono organizzata per i prossimi mesi per muovermi in monopattino per raggiungere il traghetto, riducendo a 4 ore i tempi di spostamento. Il tempo passato sul traghetto è valore aggiunto, perché è il mio luogo di socialità, un po’ come la macchinetta del caffè per chi lavora in ambiti tradizionali” – spiega Laurence, che però davvero non ama le prospettive di essere nomade digitale a vita.

Mi muovo perché amo scoprire nuovi percorsi, è un’esigenza che mi obbliga a mettermi sempre in un inizio, mi sento sempre spinta a fare un primo passo. Ammetto però che ho voglia di radici: mi piacciono le abitudini, e a ogni mio spostamento cerco di creare legami. Occorre stare almeno un anno in un luogo per trarne esperienze significative”.

Immagine da www.laurencehumier.com – Fotografia di Laurence Humier.

Le caratteristiche di una casa per nomadi digitali

Le abbiamo chiesto quali sono le caratteristiche che deve avere una casa ospitale per chi è nomade in viaggio.

Deve avere poche cose molto selezionate, che trasmettano all’ospite la cura che si è prestata nel pensare a chi dovrà soggiornare in quegli spazi. Non bisogna invadere con uno stile troppo personale, occorre rispettare i gusti di ognuno e il vuoto dà possibilità a chi arriva di creare il proprio spazio.

Io ho scelto il bianco per le pareti, ma l’ho scelto con cura, nelle sue sfumature calde legate alla presenza del giallo, che crea un ambiente luminoso. Ho accompagnato quella particolare nuance con dettagli che ne sottolineassero il senso di apertura.
Quello che invece cerco io in una casa quando mi sposto è il paesaggio, dei dettagli che mi riportino alla storia, quindi a delle radici, magari guardando un soffitto affrescato”.

Immagine da www.architecturaldigest.com – Fotografia di François Halard.

La manutenzione di una casa per nomadi digitali

Un tema fondamentale per chi apre la sua casa alle esperienze di vita altrui è la manutenzione.

Si sceglie di affittare casa per mantenere calda una casa, che se abbandonata, non vissuta, avrebbe diverse problematiche di umidità e degrado. Noi host siamo obbligati a mantenere gli appartamenti curati, dedicandogli piccole attenzioni, ritinteggiature o ritocchi, che altrimenti non si farebbero per pigrizia. Aprire le porte delle case vuol dire occuparsene e avere un occhio esterno sul loro valore”.

Oltre all’importanza della manutenzione Humier sottolinea quanto sia fondamentale, una volta che si ristruttura casa, avere una buona direzione dei lavori.

Credo sia uno dei mestieri più difficili. Coordinare i tempi e i materiali e mantenere l’equilibrio tra qualità del lavoro, costi e scadenze, anche per un piccolo cantiere come può essere quello legato a un appartamento, è un’arte che prevede molta decisione e precisione”.

Immagine da profilo Instagram

Essere nomadi: vocazione o necessità?

Essere nomadi per vocazione è diverso dall’esserlo per necessità, a meno che la necessità non sia una spinta interna all’esplorazione.
Tra i sogni della designer c’è quello di vivere in barcaperché se qualcosa mi limita posso spostarmi”.

La scelta di prendere il largo e di rinunciare alle fondamenta non è poi così rara: Roberto Soldatini, direttore d’orchestra di cui abbiamo letto nei mesi scorsi su diverse testate, vive in barca col suo preziosissimo violoncello Stradivari del 1714: uno strumento che a suo dire suona con voce umana, così, diciamo noi, è come se le Sirene le avesse accolte a bordo e ci dialogasse ogni giorno, invece di averne terrore.
Le radici lasciano spazio al seme della vocazione, che non è quella del presenziare grandi concerti, che Soldatini ha diretto fino al 2006, ma della libertà di vivere l’intensità della musica (che il musicista skipper paragona alla vela) su pochi metri quadri, di cui bisogna prendersi cura costantemente, se si vuole scivolare veloci tra le esperienze.
Oggi la sua vocazione è insegnare, trasmettere nei Conservatori vicino a un bel porto di mare.

Immagine da www.clubnauticodellavela.it – Fotografia di Francesca Luccavia.

Radici e stabilità o onde e cambiamento?

Stabilità o cambiamento? Una vita che cresce sulle radici o una che si sposta sull’onda? Ma forse non è necessario scegliere, perché si possono inventare nuovi modi di stare nel mondo.

Rispetto alla velocità del nomade digitale il nomade musicale vive a sette nodi, rispetto ai forzati della trasferta, la designer cerca di imparare dai busker (musicisti di strada) a cogliere l’essenziale. Questione di armonie.

Vi abbiamo raccontato queste due storie perché ogni volta che curiosiamo nelle vite degli altri cogliamo ispirazione e troviamo conferma che ogni prodotto che esce dalla fabbrica troverebbe la sua inquadratura in un racconto.